Il Pantheon è un edificio di Roma antica costruito
in origine come tempio dedicato a tutti gli dèi,
o meglio alle 7 divinità planetarie (Sole, Luna,
Venere, Saturno, Giove, Mercurio, Marte). In testi più
moderni troveremo indicati soprattutto Marte e Venere.
La parola Pantheon è di origine greca: deriva
da un aggettivo sostantivato indicante "la totalità
degli dei", e nella maggior parte dei casi sottende
il sostantivo "tempio", dunque dal greco "Il
tempio di tutti gli dei" è derivato il calco
latino Pantheon utilizzato da Plinio il vecchio in Nat.
Hist. 34, 13, che ha consegnato la parola alla lingua
italiana.
Il primo Pantheon fu fatto costruire nel 27-25 a.C.
da Marco Vipsanio Agrippa, amico e genero di Augusto,
nel quadro della monumentalizzazione del Campo Marzio.
L'iscrizione originale di dedica dell'edificio, riportata
sulla successiva ricostruzione di epoca adrianea, recita:
M.AGRIPPA.L.F.COS.TERTIUM.FECIT (traduzione: "Marco
Agrippa, figlio di Lucio, console per la terza volta,
(lo) costruì"). Il terzo consolato di Agrippa
risale appunto all'anno 27 a.C. tuttavia Dione Cassio
lo elenca tra le opere completate da Agrippa nel Campo
Marzio nel 25 a.C..
Dai resti rinvenuti alla fine del XIX secolo si sa che
questo primo tempio era di pianta rettangolare con cella
disposta trasversalmente, più larga che lunga
(come il tempio della Concordia nel Foro Romano e il
piccolo tempio di Veio sul Campidoglio), costruito in
blocchi di travertino rivestiti da lastre di marmo.
L'edificio, distrutto dal fuoco nell'80 d.C. venne restaurato
sotto Domiziano, ma subì una seconda distruzione
sotto Traiano.
Sotto Adriano l'edificio venne interamente ricostruito.
I bolli laterizi (marchi di fabbrica sui mattoni) appartengono
agli anni 123-125 e si può ipotizzare che il
tempio venne inaugurato dall'imperatore durante la sua
permanenza nella capitale tra il 125 e il 128. Secondo
alcuni il progetto, redatto subito dopo la distruzione
dell'edificio precedente in epoca traianea, sarebbe
attribuibile all'architetto Apollodoro di Damasco. Rispetto
all'edificio precedente fu invertito l'orientamento,
con l'affaccio verso nord.
La cupola, del diametro di 43 metri lineari, è
decorata all'interno da cinque ordini di ventotto cassettoni,
di misura decrescente verso l'alto, e presenta al centro
un oculo di 8,92 metri di diametro. L'oculo doveva essere
circondato da una cornice bronzea fissata alla cupola
che forse raggiungeva la fila più alta di cassettoni.
Numerose cavità presenti nel cementizio permettono
di ipotizzare che anche i cassettoni e gli spazi intermedi
tra essi fossero rivestiti in bronzo.
All'esterno la cupola è nascosta inferiormente
da una sopraelevazione del muro della rotonda (per 8,40
m), ed è quindi articolata in sette anelli sovrapposti,
l'inferiore dei quali conserva tuttora il rivestimento
in lastre di marmo. La parte restante era coperta da
tegole in bronzo dorato, asportate dall'imperatore bizantino
Costante II, ad eccezione di quelle che circondavano
l'oculo, tuttora in situ. Lo spessore della muratura
diminuisce verso l'alto (da 5,90 m inferiormente a 1,50
m in corrispondenza della parte intorno all'oculo centrale).
Inoltre, all'interno della muratura sono stati usati
diversi tipi di laterizi sempre più leggeri via
via che si procede verso l'alto (nella parte culminante
ci sono addirittura delle leggerissime pomici). Questi
accorgimenti hanno permesso il bilanciamento del peso
della cupola e sono il segreto della sua straordinaria
bellezza.
La cupola poggia sopra uno spesso anello di muratura
in opera laterizia (cementizio con paramento in mattoni),
sul quale si trovano aperture su tre livelli (segnalati
all'esterno dalle cornici marcapiano). Queste aperture,
in parte utilizzate a fini estetici, come le esedre
dell'interno, in parte spazi vuoti con funzioni prevalentemente
strutturali, compongono una struttura di sostegno articolata,
inglobata nell'anello continuo che appare alla vista.
Sulla parete esterna della rotonda è ora visibile
dopo la scomparsa dell'intonaco di rivestimento, la
complessa articolazione degli archi di scarico in bipedali
(mattoni quadrati di due piedi di lato) inseriti nella
muratura da parte a parte, che scaricano il peso della
cupola sui punti di maggior resistenza dell'anello,
alleggerendo il peso in corrispondenza dei vuoti.
La particolare tecnica di composizione del cementizio
romano permette alla cupola priva di rinforzi di restare
in piedi da quasi venti secoli. Una cupola di queste
dimensioni sarebbe infatti difficilmente edificabile
con le moderne tecnologie, data la poca resistenza alla
tensione del cemento moderno. Il fattore determinante
sembra essere una particolare tecnica di costruzione:
il cementizio veniva aggiunto in piccole quantità
drenando subito l'acqua in eccesso. Questo, eliminando
in tutto o in parte le bolle d'aria che normalmente
si formano con l'asciugatura, conferisce al materiale
una resistenza eccezionale. Inoltre venivano utilizzati
materiali via via più leggeri per i caementa
mescolati alla malta per formare il cementizio: dal
travertino delle fondazioni alla pomice vulcanica della
cupola.
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